Giustizia morta ?
Ieri,alla fine,nonostante la battaglia dell'Opposizione,è passato alla Camera la prescrizione Breve.
314 si,296 no.
Queste, in sintesi, le novità introdotte dal ddl: via la norma transitoria.
Il testo uscito dalla commissione Giustizia della Camera ha modificato profondamente quello arrivato da Palazzo Madama innanzitutto cancellando la contestatissima norma transitoria che applicava il limite massimo per ogni fase del processo anche ai processi in corso, relativi a reati puniti con pena inferiore a 10 anni di reclusione e commessi fino al 2 maggio 2006.
Termine massimo per ogni fase del processo ma senza estinzione.
La commissione presieduta dalla finiana Giulia Bongiorno inoltre ha confermato i "termini di fase" per ciascun grado del giudizio, diversamente articolati in funzione della gravità del reato: per i reati puniti con pena inferiore a dieci anni: tre anni per il primo grado; due anni per l'appello; un anno e sei mesi in fase di Cassazione; un anno per ogni ulteriore grado del processo nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Per i reati puniti con pena superiore: rispettivamente, quattro anni, due anni e un anno e sei mesi e un anno. Per reati di particolare allarme sociale, tra i quali quelli di mafia e terrorismo: cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi. Tuttavia, il testo approdato in Aula non prevede l'estinzione del processo nel caso di 'sforamento' dei termini previsti dal provvedimento, bensì una comunicazione da parte del capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al ministro della Giustizia e al procuratore generale presso la corte di Cassazione.
Prescrizione breve.
Nel corso dell'esame in commissione è stato approvato un articolo aggiuntivo del relatore Maurizio Paniz (Pdl) che modifica l'articolo 161 del codice penale in materia di effetti dell'interruzione della prescrizione del reato. Quando la prescrizione viene interrotta, in seguito agli atti previsti dall'articolo 160 del codice penale, il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Nel testo targato Pdl si pongono limiti al prolungamento del tempo necessario a prescrivere per gli incensurati: nell'articolo 161 del codice penale vigente un reato è prescritto una volta trascorsi gli anni del massimo della pena prevista da quel reato più un quarto (della pena stessa); con il nuovo articolo 161 si passa da un quarto ad un sesto. Fanno eccezione i reati di grave allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater (mafia, terrorismo e altri delitti ad essi assimilati), del codice di procedura penale.
Reati contabili. Nei giudizi davanti alla corte dei conti il processo si estingue se, dall'atto di citazione, sono trascorsi più di 3 anni senza che sia stato emesso il provvedimento che definisce il giudizio di primo grado. Un termine che scende a 2 anni in caso di appello.
Berlusconi parla di maggioranza forte,Bersani parla dell'inizio dell'abisso.
Intanto si parla di Alfano prossimo candidato premier di destra,mentre ieri lo scontro è stato totale.
L'Anm parla di "sconfitta per lo stato" e di "15 mila processi a rischio". CAsini e lo stesso Anm dicono che non passerà la costituzionalità della legge,fuori dal parlamento ci sono persone che combattono per i processi per L'aquila,strage di Viareggio e della Moby Price. Monetine alla Santachè,"Munnizza" a Scillipoti,contestato Bossi con "LAdrone". C'è stato uno scontro tra Bindi,vice presidente della Camera e Cicchitto. Cicchito paragona Moro a Berlinguer,la Bindi non ci sta.Botte e risposte continue,ovvio.
LA Cei,con un editoriale in prima pagina su "Avvenire" boccia senza appello la legge del governo approvata dalla Camera e ora all'esame del Senato. Mentre la Padania, il quotodiano della Lega, fa sparire il processo breve dalla prima pagina. Ignorando la notizia dell'approvazione da parte della Camera. Ieri sera, d'altronde, il leader leghista non si era speso più di tanto nel rispondere ad un cittadino che, fuori da Montecitorio, gli chiedeva se il Carroccio avesse votato "con piacere" il processo breve: "L'abbiamo votato" si era limitato a dire.
"Tuttavia sarebbe meglio chiedersi - è qusto il giudizio conclusivo - a che cosa non servirà questa legge definita solo per convenzione sul 'processo breve'. Perchè la risposta, purtroppo, è che non servirà affatto ad accorciare i tempi dei processi. Come tutti i testi analoghi già presentati in passato, si limiterà alla fotografia e non alla cura del male. Perchè di volta in volta si potrà soltanto prendere atto del fallimento di uno stato che non garantisce in tempi ragionevoli ai processi di arrivare a sentenza".
In uno show,Benigni ,alla Biennale di Torino,ha detto che la democrazia è una parola difficile.
Ho sentito che Carlucci ha detto che "Il parlamento è sovrano ". L'origine del potere,per dire la verità,è del popolo.
Riporto delle definizioni di potere.
Ciò porta a definire il potere come la capacità di ottenere obbedienza. Secondo la classica definizione sociologica di Max Weber (il potere come forza): «Il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell'ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte a un'opposizione». In politica il potere pubblico è definito da Raymond Aron: «La consegna ad uno o ad alcuni della capacità (riconosciuta legittima) di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste regole o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, in fatto o in diritto, per tutti».
Dal punto di vista tecnico-organizzativo, è possibile definire il potere come l'autorità e autonomia decisionale, esercitata in aderenza a norme e regolamenti, da un organo direttivo, nell'ambito delle proprie competenze e responsabilità lavorative-gestionali.
Il potere è stato visto in modo più generale, quasi identificandolo con la vita stessa. Emerson, nel suo celebre saggio sul "Potere" (in Condotta di vita) disse che "La vita è una ricerca del potere; e questo è un elemento di cui il mondo è talmente saturo – non c'è crepa o fenditura in cui non si trovi – che nessuna onesta ricerca è senza ricompense." Questa era una visione anche extrapolitica del potere, che influenzò fortemente la teoria nietzschiana della volontà di potenza.
Io penso che non siamo in un società di tipo spartana,siamo in una società che ha trovato la separazione dei poteri,con la rivoluzione francese,ovviamente con più diritti per tutti,dove tutti devono aver il diritto di dire la propria,dove il popolo è sovrano,elegge i suoi rappresentati,che dovrebbero mantenere ,e non fare gli affari suoi,le promesse fatte al popolo. Il Parlamento rappresenta il popolo,non è sovrano nella scelta delle cose migliori per il paese in cui siamo. Come ha detto Napolitano,la concetrazione dei poteri è pericolosa,è giusto che ci sia una separazione dei poteri indipendenti tra di loro. Il potere legislativo,giuridizionale,esecutivo,
Secondo Montesquieu,la storia abbia un ordine e manifesti l'azione di leggi costanti. Ogni ente ha le proprie leggi. Le istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e sicuramente anche dal clima. Al pari di ogni essere vivente anche gli uomini, e quindi le società, sono sottoposte a regole fondamentali che scaturiscono dall'intreccio stesso delle cose.
Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioè indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare delle situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie di società. Ma, posta una società di un determinato tipo, sono dati i principi che non può derogare, pena la sua rovina. Ma quali sono i tipi fondamentali in cui si può organizzare il governo degli uomini?
Montesquieu ritiene che i tipi di governo degli uomini siano essenzialmente tre: la repubblica, la monarchia e il dispotismo.
Ciascuno di questi tre tipi ha propri princìpi e proprie regole da non confondersi tra loro.
Il principio che è alla base della repubblica è, secondo Montesquieu, la virtù, cioè l'amor di patria e dell'uguaglianza; il principio della monarchia è l'onore ossia l'ambizione personale; il principio del dispotismo, la paura che infonde nei cuori dei sudditi.
« Tali sono i principi dei tre governi; ciò non significa che in una certa repubblica si sia virtuosi, ma che si deve esserlo. Ciò non prova neppure che in una certa monarchia si tenga in conto l’onore e che in uno stato dispotico particolare domini il timore; ma solo che bisognerebbe che così fosse, senza di che il governo sarà imperfetto. »
La repubblica è la forma di governo in cui il popolo è al tempo stesso monarca e suddito; il popolo fa le leggi e elegge i magistrati, detenendo sia la sovranità legislativa sia quella esecutiva.
Al polo opposto della repubblica vi è il dispotismo, nel quale una singola persona accentra in sé tutti i poteri e di conseguenza lede la libertà dei cittadini. Montesquieu fa trasparire profonda avversione per ogni forma di dispotismo, poiché sono le leggi a doversi conformare alla vita dei popoli e non viceversa.
Così Montesquieu spiega la divisione dei poteri e definisce le rispettive sfere di attribuzioni:
« Il potere legislativo verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo, ciascuno dei quali avrà le proprie assemblee e le proprie deliberazioni a parte, e vedute e interessi distinti. Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario è in qualche senso nullo. Non ne restano che due; e siccome hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo legislativo composta di nobili è adattissima a produrre questo effetto. »
« Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe più libertà, perché i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto. »
« Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi si susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo legislativo attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succederà. Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe più niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia. »
« Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facoltà d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltà di statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltà d'impedire. La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non avevano, come il popolo, la facoltà d'impedire. Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terrà legata l'altra con la mutua facoltà d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto. »
In questo modo Montesquieu conclude il suo libro:
« Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perderà la sua libertà, perirà. Roma, Sparta e Cartagine sono pur perite. Perirà quando il potere legislativo sarà più corrotto di quello esecutivo. Non sta a me esaminare se gli Inglesi godano attualmente di questa libertà o no. Mi basta dire che essa è stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di più. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, né dichiarare che questa libertà politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme? »
(libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu)
Possiamo dire che lo studio che il giurista lascia delle istituzioni di popoli diversi e lontani nel tempo e nello spazio ha come intento fondamentale quello di identificare i fini in base ai quali gli uomini si organizzano in forme politiche e sociali originali. Esiste per l’autore un senso per ogni istituzione. Montesquieu vede lo stato come un organismo che tende alla propria autoconservazione, nel quale le leggi riescono a mediare tra le diverse tendenze individuali in vista del perseguimento di un obiettivo comune.
L'arte di creare una società e di organizzarla compiutamente è per Montesquieu l’arte più alta e necessaria, in quanto da essa dipende il benessere necessario allo sviluppo di tutte le altre arti.
La Costituzione italiana, secondo gli artt. 65 e 66, obbliga il Parlamento a valutare l’eleggibilità dei suoi membri in base alla legge ordinaria. L’art. 10 del DPR 361/1957 recita: «Non sono eleggibili [...] coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta».
Il potere,indica una responsabilità che viene data,che ha il diritto/dovere di usare con la massima saggezza.
Non puoi fare due ruoli,sia in Politica,che in Economia o in un altro settore,perdi il punto di vista dell'eleggettibilità dei cittadini,e tendi ad guardare gli affari più tuoi che del popolo.
Ieri,alla fine,nonostante la battaglia dell'Opposizione,è passato alla Camera la prescrizione Breve.
314 si,296 no.
Queste, in sintesi, le novità introdotte dal ddl: via la norma transitoria.
Il testo uscito dalla commissione Giustizia della Camera ha modificato profondamente quello arrivato da Palazzo Madama innanzitutto cancellando la contestatissima norma transitoria che applicava il limite massimo per ogni fase del processo anche ai processi in corso, relativi a reati puniti con pena inferiore a 10 anni di reclusione e commessi fino al 2 maggio 2006.
Termine massimo per ogni fase del processo ma senza estinzione.
La commissione presieduta dalla finiana Giulia Bongiorno inoltre ha confermato i "termini di fase" per ciascun grado del giudizio, diversamente articolati in funzione della gravità del reato: per i reati puniti con pena inferiore a dieci anni: tre anni per il primo grado; due anni per l'appello; un anno e sei mesi in fase di Cassazione; un anno per ogni ulteriore grado del processo nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Per i reati puniti con pena superiore: rispettivamente, quattro anni, due anni e un anno e sei mesi e un anno. Per reati di particolare allarme sociale, tra i quali quelli di mafia e terrorismo: cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi. Tuttavia, il testo approdato in Aula non prevede l'estinzione del processo nel caso di 'sforamento' dei termini previsti dal provvedimento, bensì una comunicazione da parte del capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al ministro della Giustizia e al procuratore generale presso la corte di Cassazione.
Prescrizione breve.
Nel corso dell'esame in commissione è stato approvato un articolo aggiuntivo del relatore Maurizio Paniz (Pdl) che modifica l'articolo 161 del codice penale in materia di effetti dell'interruzione della prescrizione del reato. Quando la prescrizione viene interrotta, in seguito agli atti previsti dall'articolo 160 del codice penale, il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell'interruzione. Nel testo targato Pdl si pongono limiti al prolungamento del tempo necessario a prescrivere per gli incensurati: nell'articolo 161 del codice penale vigente un reato è prescritto una volta trascorsi gli anni del massimo della pena prevista da quel reato più un quarto (della pena stessa); con il nuovo articolo 161 si passa da un quarto ad un sesto. Fanno eccezione i reati di grave allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater (mafia, terrorismo e altri delitti ad essi assimilati), del codice di procedura penale.
Reati contabili. Nei giudizi davanti alla corte dei conti il processo si estingue se, dall'atto di citazione, sono trascorsi più di 3 anni senza che sia stato emesso il provvedimento che definisce il giudizio di primo grado. Un termine che scende a 2 anni in caso di appello.
Berlusconi parla di maggioranza forte,Bersani parla dell'inizio dell'abisso.
Intanto si parla di Alfano prossimo candidato premier di destra,mentre ieri lo scontro è stato totale.
L'Anm parla di "sconfitta per lo stato" e di "15 mila processi a rischio". CAsini e lo stesso Anm dicono che non passerà la costituzionalità della legge,fuori dal parlamento ci sono persone che combattono per i processi per L'aquila,strage di Viareggio e della Moby Price. Monetine alla Santachè,"Munnizza" a Scillipoti,contestato Bossi con "LAdrone". C'è stato uno scontro tra Bindi,vice presidente della Camera e Cicchitto. Cicchito paragona Moro a Berlinguer,la Bindi non ci sta.Botte e risposte continue,ovvio.
LA Cei,con un editoriale in prima pagina su "Avvenire" boccia senza appello la legge del governo approvata dalla Camera e ora all'esame del Senato. Mentre la Padania, il quotodiano della Lega, fa sparire il processo breve dalla prima pagina. Ignorando la notizia dell'approvazione da parte della Camera. Ieri sera, d'altronde, il leader leghista non si era speso più di tanto nel rispondere ad un cittadino che, fuori da Montecitorio, gli chiedeva se il Carroccio avesse votato "con piacere" il processo breve: "L'abbiamo votato" si era limitato a dire.
"Tuttavia sarebbe meglio chiedersi - è qusto il giudizio conclusivo - a che cosa non servirà questa legge definita solo per convenzione sul 'processo breve'. Perchè la risposta, purtroppo, è che non servirà affatto ad accorciare i tempi dei processi. Come tutti i testi analoghi già presentati in passato, si limiterà alla fotografia e non alla cura del male. Perchè di volta in volta si potrà soltanto prendere atto del fallimento di uno stato che non garantisce in tempi ragionevoli ai processi di arrivare a sentenza".
In uno show,Benigni ,alla Biennale di Torino,ha detto che la democrazia è una parola difficile.
Ho sentito che Carlucci ha detto che "Il parlamento è sovrano ". L'origine del potere,per dire la verità,è del popolo.
Riporto delle definizioni di potere.
Ciò porta a definire il potere come la capacità di ottenere obbedienza. Secondo la classica definizione sociologica di Max Weber (il potere come forza): «Il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell'ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte a un'opposizione». In politica il potere pubblico è definito da Raymond Aron: «La consegna ad uno o ad alcuni della capacità (riconosciuta legittima) di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste regole o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, in fatto o in diritto, per tutti».
Dal punto di vista tecnico-organizzativo, è possibile definire il potere come l'autorità e autonomia decisionale, esercitata in aderenza a norme e regolamenti, da un organo direttivo, nell'ambito delle proprie competenze e responsabilità lavorative-gestionali.
Il potere è stato visto in modo più generale, quasi identificandolo con la vita stessa. Emerson, nel suo celebre saggio sul "Potere" (in Condotta di vita) disse che "La vita è una ricerca del potere; e questo è un elemento di cui il mondo è talmente saturo – non c'è crepa o fenditura in cui non si trovi – che nessuna onesta ricerca è senza ricompense." Questa era una visione anche extrapolitica del potere, che influenzò fortemente la teoria nietzschiana della volontà di potenza.
Io penso che non siamo in un società di tipo spartana,siamo in una società che ha trovato la separazione dei poteri,con la rivoluzione francese,ovviamente con più diritti per tutti,dove tutti devono aver il diritto di dire la propria,dove il popolo è sovrano,elegge i suoi rappresentati,che dovrebbero mantenere ,e non fare gli affari suoi,le promesse fatte al popolo. Il Parlamento rappresenta il popolo,non è sovrano nella scelta delle cose migliori per il paese in cui siamo. Come ha detto Napolitano,la concetrazione dei poteri è pericolosa,è giusto che ci sia una separazione dei poteri indipendenti tra di loro. Il potere legislativo,giuridizionale,esecutivo,
Secondo Montesquieu,la storia abbia un ordine e manifesti l'azione di leggi costanti. Ogni ente ha le proprie leggi. Le istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e sicuramente anche dal clima. Al pari di ogni essere vivente anche gli uomini, e quindi le società, sono sottoposte a regole fondamentali che scaturiscono dall'intreccio stesso delle cose.
Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioè indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare delle situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie di società. Ma, posta una società di un determinato tipo, sono dati i principi che non può derogare, pena la sua rovina. Ma quali sono i tipi fondamentali in cui si può organizzare il governo degli uomini?
Montesquieu ritiene che i tipi di governo degli uomini siano essenzialmente tre: la repubblica, la monarchia e il dispotismo.
Ciascuno di questi tre tipi ha propri princìpi e proprie regole da non confondersi tra loro.
Il principio che è alla base della repubblica è, secondo Montesquieu, la virtù, cioè l'amor di patria e dell'uguaglianza; il principio della monarchia è l'onore ossia l'ambizione personale; il principio del dispotismo, la paura che infonde nei cuori dei sudditi.
« Tali sono i principi dei tre governi; ciò non significa che in una certa repubblica si sia virtuosi, ma che si deve esserlo. Ciò non prova neppure che in una certa monarchia si tenga in conto l’onore e che in uno stato dispotico particolare domini il timore; ma solo che bisognerebbe che così fosse, senza di che il governo sarà imperfetto. »
La repubblica è la forma di governo in cui il popolo è al tempo stesso monarca e suddito; il popolo fa le leggi e elegge i magistrati, detenendo sia la sovranità legislativa sia quella esecutiva.
Al polo opposto della repubblica vi è il dispotismo, nel quale una singola persona accentra in sé tutti i poteri e di conseguenza lede la libertà dei cittadini. Montesquieu fa trasparire profonda avversione per ogni forma di dispotismo, poiché sono le leggi a doversi conformare alla vita dei popoli e non viceversa.
Così Montesquieu spiega la divisione dei poteri e definisce le rispettive sfere di attribuzioni:
« Il potere legislativo verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo, ciascuno dei quali avrà le proprie assemblee e le proprie deliberazioni a parte, e vedute e interessi distinti. Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario è in qualche senso nullo. Non ne restano che due; e siccome hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo legislativo composta di nobili è adattissima a produrre questo effetto. »
« Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe più libertà, perché i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto. »
« Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi si susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo legislativo attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succederà. Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe più niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia. »
« Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facoltà d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltà di statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltà d'impedire. La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non avevano, come il popolo, la facoltà d'impedire. Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terrà legata l'altra con la mutua facoltà d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto. »
In questo modo Montesquieu conclude il suo libro:
« Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perderà la sua libertà, perirà. Roma, Sparta e Cartagine sono pur perite. Perirà quando il potere legislativo sarà più corrotto di quello esecutivo. Non sta a me esaminare se gli Inglesi godano attualmente di questa libertà o no. Mi basta dire che essa è stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di più. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, né dichiarare che questa libertà politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme? »
(libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu)
Possiamo dire che lo studio che il giurista lascia delle istituzioni di popoli diversi e lontani nel tempo e nello spazio ha come intento fondamentale quello di identificare i fini in base ai quali gli uomini si organizzano in forme politiche e sociali originali. Esiste per l’autore un senso per ogni istituzione. Montesquieu vede lo stato come un organismo che tende alla propria autoconservazione, nel quale le leggi riescono a mediare tra le diverse tendenze individuali in vista del perseguimento di un obiettivo comune.
L'arte di creare una società e di organizzarla compiutamente è per Montesquieu l’arte più alta e necessaria, in quanto da essa dipende il benessere necessario allo sviluppo di tutte le altre arti.
La Costituzione italiana, secondo gli artt. 65 e 66, obbliga il Parlamento a valutare l’eleggibilità dei suoi membri in base alla legge ordinaria. L’art. 10 del DPR 361/1957 recita: «Non sono eleggibili [...] coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta».
Il potere,indica una responsabilità che viene data,che ha il diritto/dovere di usare con la massima saggezza.
Non puoi fare due ruoli,sia in Politica,che in Economia o in un altro settore,perdi il punto di vista dell'eleggettibilità dei cittadini,e tendi ad guardare gli affari più tuoi che del popolo.
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