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venerdì 13 dicembre 2024

Tabula de Amalpha

 La Tabula de Amalpha è una raccolta di usi che dettava tutto ciò che riguardava e interessava la navigazione: le controversie. il prezzo dei noli, gli obblighi del capitano e dei marinari, l'indennizzo in caso di perdita della merce, i cambi marittimi, la compartecipazione agli utili, i compensi dei rischi di mare, le aviere e formava parte integrante dell'ordinamento giuridico della repubblica marinara di Amalfi. La Tabula divenne il diritto comune marittimo applicato nei tribunali e nelle curie durante la dominazione normanna e fu applicato al regno di Napoli. Il testo è costituito da 66 capitali, di cui 21 in latino e 45 in volgare italiano e venne ritrovato nel 1843 nella biblioteca imperiale di Vienna, pubblicato nel 1844 e tornò nel 1929 in Italia quando Benito Mussolini acquistò per contro dello stato italiano e per donarlo alla città di Amalfi, il codice Foscariniano, posseduto dal doge Marco Foscarini di Venezia e trasferito nella capitale austriaca nel 1797. Nel consolato del mare è regolata l'ipotesi del trasporto dei mercanti(vectores) che accompagnano la merce e quella del trasporto di persone diverse dai mercanti. Anche nella legislazione statuaria italiana è differenziata la posizione del pellegrino da quella del mercante che accompagna la merce.  In mancanza di assicuratori marittimi ,furono ricercate nuove forme e regole che consentirono di dividere i rischi ed i lucri tra mercanti e navigatori che trovarono più redditizio associare ai loro capitali e ai loro rischi il padrone della nave che provvedeva a ripartire le fortune della navigazione marittima mediante la partecipazione dell'equipaggio all'impresa marittima.  Nel contratto "testimoniale marittimo" i marinari naufraghi ed il padrone della barca si recavano davanti ad un notaio del luogo più vicino a dove era avvenuto il naufragio per raccontare l'accaduto e deresponsabilizzarsi di quanto avevano perso a causa del sinistro.  

Nell 'ingaggio marittimo il marinaio veniva inserito a pieno titolo nell'organizzazione di bordo e il rapport di lavoro nautico, con la partecipazione al "capitale-nave" determinava per questi lo status di parte con obblighi e diritti. Convivenza di turni, comunicazione di rischi, partecipazione al guadagno collettivo diventano fattori aggreganti che creano uno spirito di solidarietà  e assistenza reciproca accrescendo la considerazione sociale del lavoro marittimo.  Il marinaio era legato al contratto di ingaggio e al dominus anche da un giuramento di fedeltà con il quale si impegnava a proteggere i membri della spedizione marittima. Aveva vincoli di obbedienza e subordinazione ne confronti del patrono e del mercante. La più antica forma contrattuale del diritto marittimo medievale era la commenda, un contratto mercantile attraverso il quale un soggetto (commendante) assumeva solo l'obbligo di versare la somma ed acquistava il titolo di amministrare la commenda, determinando il viaggio ,l'itinerario e indicando la nave da utilizzare. Questa società consisteva nel contratto stipulato fra un socio investitore(socius stans) ed un socio percettore(socius procertans) che partecipavano alla costituzione di un capitale volto al finanziamento di imprese commerciali, il primo per i tre quarti ed il secondo per un quarto.   Nella Tabula la commenda prevedeva una società mercantile formata da due persone, il socio capitalista(actor) ,che rischiava il capitale(capitania) e il socio viaggiante(tractor) ,che possedeva la nave ed procacciava il lucrum. L'equipaggio era pagato dall'actor. Se l'accomandatario riportava indietro la merce invenduta, l'accomandante doveva riprenderla tale e quale; se l'accomandatario frodava l'accomandante, doveva pagare nove per uno. 

Nella Colonna soci, marinari, capitano ed scrivano di bordo erano parte di un contratto di natura associativa che si concludeva tra i proprietari della nave o caratisti, il patronus, i membri dell equipaggio ed i soci, ossia i mercanti che caricavano le merce sulla nave affidandole al patronus o seguendole personalmente.  Alla comunione dell'attività e degli utili si univa, la comunione dei rischi. I rischi  eccezionali della navigazione erano a carico del capitalista.  La colonna si ampliava in una organizzazione amministrativa che curava gli interessi comuni al di fuori di Amalfi.  Il responsabile dell'amministrazione, con un addetto al servizio di terraferma, rimaneva in città. Altri amministratori erano invitati nelle località di transito e di mercato. Il personale che rimaneva a terra, in contrade straniere, formava il nucleo di una sorta di colonia, il fondaco. Il Fondaco era un magazzino generale del porto dove i mercanti stranieri potevano alloggiare e depositare le loro merci.  Alla direzione c'èra una magister fundicarius che riscuoteva la somma iura anchoragi et arboragi dal mercante che entrava n porto. Appena levata l'ancora, il capitano era tenuto a dichiarare pubblicamente a tutti i marinari e soci l'ammontare dell'intera colonna, merci e denaro compresi, ed esporre l'itinerario.  Nella colonna ci sono segnati sia le voci attive e passive. Elemento caratterizzante della Colonna era il sistema di ripartizione degli utili attribuendo un certo valore. ogni "parte" aveva un valore determinato pari a 5 once.  Nelle perdite i marinari dovevano restituire le spese sostenute per il sostentamento e anticipo ricevuto, mentre i caratisti ed i mercanti si dividevano propriamente le perdite. In caso di getto o naufragio con successivo recupero di mercanzie, la ripartizione delle perdite e del residuo andava imputata ai conferimenti iniziale. Esisteva la possibilità di un recesso unilaterale se il marinaio poteva migliorare la sua posizione, con un preavviso di tre giorni prima della partenza e la restituzione dell'anticipo. Finito il viaggio e appena sbarcati il capitano doveva presentarsi alla curia marittima ed ai soci.  

I marinai erano obbligati a prestare la propria opera e servire la nave in tutte le necessità. Si doveva dormire a bordo, non allontanarsi agli ormeggi, non trasportare merci personali per valori superiori ad un'oncia . Alla fine dell'operazione i caratisti si dividevano gli utili in proporzione ai carati posseduti . I soci pagavano per la ripartizione della nave. La maggioranza delle decisioni erano rimesse al patrono che rivestiva contemporaneamente più ruoli ed era il soggetto deputato ad assumere le decisioni di maggior peso durante la spedizione. Iscriveva nella colonna i registri della curia. Riparava la nave, otteneva prestiti e faceva il rendiconto ai soci. I caratisti potevano nominare il patrono. Il loro obbligo era la messa a disposizione della nave atta alla spedizione e tutte le spese da affrontarsi prima di salpare erano a loro esclusivo carico eccetto quelle di riparazione.  I Socii erano informati dal capitano prima della spedizione, potevano disporre delle merci caricate purchè i proventi venissero conferiti in comune tranne una piccola quota riservata quale compenso dell'attività svolta. Il tema del rischio supera di importanza quella della responsabilità vettoriale per caricazione e danneggiamento di merce.  il vettore può reclamare il pagamento ed il proprietario della merce ha il diritto di non compensarlo nel caso di danneggiamento della merce con possibilità di intentare azione legale postuma nei suoi confronti .

Nel Noleggio il capitano  vigilava lo stato delle merci e il divieto di caricarne altre in eccedenza per non pregiudicare il buon andamento della spedizione.  I caricatori dovevano sottostare alla regola del solve et repete. Se il capitano si rifiutava di ricevere il carico risarciva al noleggiatore il danno. Il capitano era tenuto a restare nel porto di carico e scarico per tutto il tempo stabilito dal contratto, pena il risarcimento del danno eventuale occorso alle merci. I mercanti erano tenuti a indennizzarlo per qualsiasi pregiudizio arrecato alla nave del carico.  La responsabilità del capitano terminava quando le merci erano nelle barche. Se per morte del destinatario o per altra causa non poteva consegnare la merce, doveva depositare il carico in un luogo sicuro o farlo vendere; se la merce fosse stata deteriorabile, e di ciò doveva dare avviso agli interessati.  Il noleggio di nave risale diritto romano.il contratto di noleggio si concludeva con la manifestazione del consenso di entrambe le parti ed il dominus rappresentava anche gli altri soci caratisti. Veniva provato attraverso il giuramento e poi registrato dallo scrivano. Il pagamento del nolo era fattore causale del contratto di ingaggio in quanto la sua riscossione era una condizione per il salario dell'equipaggio. Garanzia del pagamento del nolo era il diritto di ritenzione della marce che era riconosciuto al dominus. 

Nel medioevo il personale della navigazione era arruolato attraverso il contratto ad stipendia o ad marinaricum, ossia un contratto di ingaggio o salario, o un contratto ad partem. Abbiamo come soggetti il patronus, il capitano della nave. Assumeva il comando della spedizione ma era anche gravato da responsabilità connesse al suo status. A volte aveva la funzione di proprietario, armatore, vettore e comandante. Egli promuoveva la costruzione della nave, assegnava le quote e stabiliva l'assetto della società con gli altri caratisti. Organizzava il viaggio e si procurava, i necessari mezzi finanziari. Se il dominus navigava a fini di commercio, egli assumeva la qualità di vettore. In caso di noleggio tutelava la proprietà e farla fruttare oltre alla sua prestazione professionale personale.  Poteva assumere accomandita da chiunque, alla partenza dichiarava la colonna, la merce, il capitale ed la destinazione. Riceveva 10 grana al giorno quando restava a terra per conto della società. Il capitano aveva la rappresentanza giuridica della nave di cui poteva essere anche comproprietario, ma era limitato dalla volontà di tutti i caratisti. 

I nautes erano  i marinari, tra i quali si distingueva il nocchiero(nauclerius),esperto di rotta. Il nocchiero era il capo e rappresentante della ciurma, affiancava il dominus nella condotta della navigazione. I marinai prestavano la propria opera agli ordini del capitano, riceveva un anticipo su pagamento dell'ingaggio; se non voleva proseguire il viaggio, poteva essere obbligato a versare il doppio dell'anticipo; se rimaneva a terra al servizio della società, riceveva 5 grana al giorno; doveva dormire sempre sulla nave, altrimenti sarebbe restato in servizio un giorno in più per ogni notte in cui aveva dormito a terra o gli veniva diminuito la paga a discrezione del capitano; non doveva allontanarsi dalla nave senza permesso; se perdeva roba e non era in grado di provarne il valore, la colonna gli risarciva 6 tari per il solo vestiario; se trovava un impiego migliore, doveva avvisare il capitano almeno tre giorni prima della partenza della nave e restituire l'anticipo.  Il marinaio era obbligato dopo la paga a proseguire il viaggio che aveva iniziato. Il patrono poteva esigere il doppio se non iniziava il viaggio ,dando metà alla curia. In caso di getto ,per tempesta  o per altro, i marinari non dovevano contribuire. Dovevano rifare le spese del loro mantenimento. In caso di rottura della nave, il marinaio veniva pagato per il tempo effettivo.  Se la nave era in ormeggio, il marinaio non doveva dormire a terra, senza permesso del padrone; se era in un porto di sbarco, non doveva allontanarsi dalla nave senza licenza.  Il marinaio aveva la possibilità  di portare con sè un pò di merce da commerciare all'arrivo in porto.  Il Marinaio de soudu aveva funzioni specifiche. I marinai ad partem prendevano parte alla distribuzione degli utili della colonna.  Lo scriba era il capo dell'area amministrativa ed il notaio della nave. Egli svolgeva le mansioni di pubblico notaio dopo aver giurato presso la Curia; era pagato dal capitano della nave e se restava a terra per interessi sociali, riceveva 7 grana al giorno. Aveva l'obbligo di registrare tutti gli atti ed i fatti che avvenivano a bordo, eccetto il getto. Controllava e certificava il carico. I suoi  cartolarii, aventi la funzione di annotare e registrare tutto ciò che riguarda il carico, avevano la stessa fides di quelli dei notai pubblici. Il cartolario riscopriva la funzione di ricevuta di carico per colui che era legittimato a ricevere la merce . 

La curia marittima aveva il carattere di organo legislativo in materia marittima e ordinò la raccolta delle norme consuetudinarie di diritto marittimo dandogli il vigore di legge. I consoli era magistrati posti a capo della curia che si dedicavano a valutazioni tecniche sulla navigazione, sui traffici marittimi, sulla determinazione di quote nei casi controversi.  


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